mercoledì, agosto 27, 2008

Gli Slovegni

Di recente mamma mi ha prestato un libretto di 30 pagine dal curioso titolo "Gli Slovegni".

Il libretto è un frammento del diario di viaggio di un tal Izmail I. Sreznevskij, professore universitario russo che nel 1841 è venuto in Italia a cercare una popolazione di lingua slava di cui aveva sentito parlare.

Ai tempi c'era ancora lo Zar, il Friuli era parzialmente austriaco e si viaggiava in carrozza, con la diligenza trainata da cavalli.

Non c'erano le automobili, telefoni, TV, computer ma neanche le lampadine ad elettricità.

Le strade erano pericolose ed il nostro si preoccupava del brigantaggio praticato, si diceva, da Friulani.

Il nostro studioso viaggia con la diligenza ma si impone di attraversare a piedi le valli che lo interessano in modo da avere contatto con il luogo, osservarlo direttamente e avere occasione di conoscenza con le persone.

Man mano che procede nel suo viaggio alla ricerca di popoli e lingue e tradizioni, annota informazioni pratiche ma anche impressioni che descrive bene con il linguaggio colorito di quel secolo.

Ma lasciamo parlare il viaggiatore:

Dopo le quattro del pomeriggio arriviamo al villaggio di Ravance (Prato di Resia), dove sorge la chiesa parrocchiale. Lascio il bagaglio all’osteria e, col cappellano mi reco dal parroco, nel giardino. Don Odorico Buttolo è un caro vecchio (ha ormai 73 anni) e di tutto cuore si rallegra della mia venuta. «Resia e Russia son tutt’uno» è il suo intercalare preferito e quello con cui comincia a discorrere con me. Egli sa e parla tedesco, francese e latino. Ci mettiamo a parlare in tedesco. Ma presto il vecchietto interrompe e dice «Siamo Russi; che bisogno c’è di parlare tedesco!»

osserva le abitudini alimentari dei Resiani:

L'alimento principale è la polenta. Ogni mattina ed ogni sera la cuociono: un pezzo di polenta - e - sale con un po di formaggio (syr), oppure frittata con pane ed un bicchier di vino ... ed il Resiano è soddisfatto. Carne e brodo di carne (la b’rzoljia - Rostbraten ), sono i piatti per le feste soltanto. La natura ha cosi bene insegnato al Resiano la moderazione che anche quando egli riceve un salario 2 volte e 3 volte superiore al1’ordinario, egli si attiene alla polenta alla frittata ed al vino e sorride di gioia se gli avviene di poter tagliare un pezzo di carne.

il parroco di Resia gli dà indicazioni per raggiungere gli Slovegni
(il parroco) mi disse anche che lui aveva si sentito parlare di quegli «Slovegni», ma che personalmente non li conosceva perché non era mai stato in mezzo a loro. «Ma ci vada, ci vada, mi ripeteva, vada da loro che sono da tutti abbandonati; proprio come se non esistessero davvero».
(...)
Tra queste Alpi vivono gli «Slovegni», ovverossia gli «Schiavi», come i loro vicini d’occidente usano chiamarli.
(...)
Solamente la più dura necessità potrebbe aver costretto degli esseri umani a stanziarsi in quelle gole.
Massi enormi si accumulano gli uni sugli altri o per ripidi pendici o su pareti rocciose, il tutto fra stentatissima vegetazione di rovi e sterpi. In mezzo alle sterili rocce i ruscelli impetuosi si sono scavati e continuano a scavarsi, gole profonde. A coronare le montagne si sono formati dei valloncelli ogni tanto, sotto frontali rocciosi, impedenti e minaccianti. Le valli, come siamo abituati a disegnarcele, non esistono la. Non c’è assolutamente nessun angolo di quella zona, in cui l’uomo possa liberamente e per sua volontà sviluppare una qualsiasi economia agreste: egli deve raccogliere la misera zolla sulla ripida pendice e coltivarla, deve ritirarsi contro le rocce e nascondersi nei crepacci fra le pietre. Egli è costretto a vegliare sopra il suo povero campicello, lavorato con le sue proprie mani, come sopra una aiola di fiori.
(...)
Gli «Slovegni» sono di statura superiore alla normale ed alcuni sono addirittura altissimi. Il viso hanno piccolo a paragone del corpo. La loro fisionomia esprime ardimento e fiducia in sé stessi, contemporaneamente a bontà.
(...)
Non è affatto il caso di dire che gli «Slovegni» sono semplici: essi sono gentili ed ospitalissimi, ma anche duri e diffidenti. Essendo stati abituati a guardare la realtà dal lato più nero, forse per questo, tendono a serbare rancore. Essi sono orgogliosi, sarcastici e spesso violenti.
(...)
Tutti lavorano, senza distinzione, come in Resia, fin che hanno la forza. A me è capitato di vedere, sopra un monte, delle ragazze con le scuri, intente ad estrarre con gran fatica radici d'alberi dalla terra in mezzo alle rocce; dovevano portare da loro stesse quelle «legna» fino da basso ed alle loro case; ma lavoravano allegramente ed amichevolmente scherzavano e cantavano le loro canzoni, tutte coperte di sudore in quella inumana fatica. Ristettero per un minuto o due, piene di sudore, e ci indicarono la strada, poi, dopo averci augurato buon viaggio, ripresero a lavorare.
(...)
Degno d’ammirazione è l’amore al lavoro degli «Slovegni». Mi capitò di vedere una donna che guidava una mucca attaccata all’erpice, e contemporaneamente allattava il suo bambino ch’era legato al suo seno con una fascia; non solo, ma essa pure filava, tenendo la lana dietro la cintola; si vedono talvolta donne badare alle pecore e capre come bravi pastori, e nello stesso tempo filare e cucire, senza naturalmente scordarsi di cantare.
Insomma, i miei cugini lavorano ancora ancora nella fattoria che, sfruttando con estrema fatica i piccolissimi e difficilissimi pezzettini di terreno ha nutrito la famiglia dai tempi di Sreznevskij e forse anche prima.
Se capitate in Friuli cercate il latte crudo Manig.

Ho pubblicato la scansione integrale del libretto. Sul libro non ci sono le date della traduzione né alcuna rivendicazione di copyright. Spero di non violare i diritti di alcuno. Se così fosse avvisatemi, lo toglierò subito.

Vi consiglio, inoltre, il bel sito di Valli del Natisone ed il post La fonte dei Manig.
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1 commento:

Anonimo ha detto...

Molto interessante questa storia! Mi piacerebbe saperne di più...
gatta susanna

Mi sento fortunato