sabato, agosto 30, 2008

Viola

A volte scatto una fotografia solo perché mi innamoro di un colore.

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100 post!


100 Post!

Ho aperto il blog nel marzo 2006 per sfogare un'arrabbiatura, scrivendo la mia critica alla legge di iniziativa popolare per una buona scuola e l'ho lasciato a macerare, senza altro aggiungere, per quasi due anni.

Alla fine del 2007 ho annotato «La Storia in P» più per non perderne memoria che per renderla pubblica, e da lì, tra alti e bassi è lentamente diventata una febbre, una specie di costante per cui se per un paio di giorni non scrivo qualcosa, mi sento subito in colpa.

Da quando ho attivato le Google Analytics, intrattengo un rapporto erotico con le statistiche degli accessi: qualcuno legge? perché non legge? accidenti, ho pubblicato una scemenza e molti vengono a leggerla, perché? Quell'altro post mi ha richiesto tre nottate passate a documentarmi e non se lo è filato nessuno. Grrr.

Roso dai dubbi, prendo dalla definizione di blog su Wikipedia: «In informatica, e più propriamente nel gergo di Internet, un blog è un diario in rete.
Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero "traccia su rete". Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel 1997 in America; (...) Nel 2001 è divenuto di moda anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla gestione di blog. (...)»

Ma la vera domanda forse non è nel cosa o nel perché, è nel chi.
Chi è un blogger?
Ognuno può trovare la sua personale risposta. Potrebbe essere una persona che necessita di sfogare il proprio egocentrismo, ed in effetti forse questa è una parte della verità. Potrebbe essere una persona dipendente dal piacere dell'erotico esibizionismo. Potrebbe essere qualcuno che cela un malcompreso senso di modernità. Potrebbe essere qualcuno spinto dalla necessità di comunicare con amici e parenti lontani, per non perdere quel senso di comunione che inevitabilmente è provocato dalla mancanza di informazioni, indotta dalla lontananza.

La mia personale definizione è «Un blogger è una persona che si sveglia la mattina domandandosi cose pubblicherà quella notte».

Auguri!
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venerdì, agosto 29, 2008

Gogol Bordello all'Idroscalo

Finalmente, i Gogol Bordello, all'Idroscalo di Milano a Segrate, la band più energica e allegramente chiassosa che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni.

La band suona un feroce rock balcanico che loro definiscono gipsy punk; in pratica un ritmo feroce e ballabile prodotto da violino, voce e fisarmonica e sostenuto da chitarra, basso elettrico e batteria.

Anche Gabriele (10 anni), probabilmente lo spettatore più giovane del concerto, ha apprezzato tanto da chiedermi di acquistare il disco, nonostante i pestoni di piedi che si è preso dai ragazzi che pogavano come disperati sotto il palco.

Hanno aperto la serata i Mr.Bizarro (band veneta che unisce post-punk,hardcore e garage rock) e i Circo Abusivo, collettivo milanese che mescola suoni folk, punk e ritmi tzigani in una vera e propria patchanka musicale.

L'album fotografico:

Gogol Bordello all'Idroscalo

Vedi anche:
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mercoledì, agosto 27, 2008

I bambini nei cortili


Da Repubblica Tredicimila passi al giorno ed il bambino non rischia l'obesità
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Secondo l'esperto la regola dei tredicimila passi (al giorno per ogni bambino) è da seguire alla lettera. "Una passeggiata di mezz'ora al giorno è un toccasana. Ma risulta del tutto inutile se non affiancata da un'attività motoria continua nell'arco della giornata".

Maone aggiunge anche che l'Italia è uno dei Paesi europei dove i bambini vengono meno stimolati a tenersi in movimento. "Siamo l'Italia dei cellulari, dei videogame, della tv e dei giochi in casa. Per ribaltare le cose basterebbe tornare a giocare un po' a palla", conclude. Il gioco di cortile dunque, oltre che l'immagine romantica di un tempo che non c'è più, è anche il modo migliore per crescere in modo sano.
Ma va?
Certo che finché nei cortili prolificano i divieti ed i genitori sono paranoici per per una immaginaria emergenza sicurezza, i bambini sotto i 12 anni non possono allontanarsi di 10 passi dalla madre; situazione difficile per organizzare una partita di pallone ...
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Gli Slovegni

Di recente mamma mi ha prestato un libretto di 30 pagine dal curioso titolo "Gli Slovegni".

Il libretto è un frammento del diario di viaggio di un tal Izmail I. Sreznevskij, professore universitario russo che nel 1841 è venuto in Italia a cercare una popolazione di lingua slava di cui aveva sentito parlare.

Ai tempi c'era ancora lo Zar, il Friuli era parzialmente austriaco e si viaggiava in carrozza, con la diligenza trainata da cavalli.

Non c'erano le automobili, telefoni, TV, computer ma neanche le lampadine ad elettricità.

Le strade erano pericolose ed il nostro si preoccupava del brigantaggio praticato, si diceva, da Friulani.

Il nostro studioso viaggia con la diligenza ma si impone di attraversare a piedi le valli che lo interessano in modo da avere contatto con il luogo, osservarlo direttamente e avere occasione di conoscenza con le persone.

Man mano che procede nel suo viaggio alla ricerca di popoli e lingue e tradizioni, annota informazioni pratiche ma anche impressioni che descrive bene con il linguaggio colorito di quel secolo.

Ma lasciamo parlare il viaggiatore:

Dopo le quattro del pomeriggio arriviamo al villaggio di Ravance (Prato di Resia), dove sorge la chiesa parrocchiale. Lascio il bagaglio all’osteria e, col cappellano mi reco dal parroco, nel giardino. Don Odorico Buttolo è un caro vecchio (ha ormai 73 anni) e di tutto cuore si rallegra della mia venuta. «Resia e Russia son tutt’uno» è il suo intercalare preferito e quello con cui comincia a discorrere con me. Egli sa e parla tedesco, francese e latino. Ci mettiamo a parlare in tedesco. Ma presto il vecchietto interrompe e dice «Siamo Russi; che bisogno c’è di parlare tedesco!»

osserva le abitudini alimentari dei Resiani:

L'alimento principale è la polenta. Ogni mattina ed ogni sera la cuociono: un pezzo di polenta - e - sale con un po di formaggio (syr), oppure frittata con pane ed un bicchier di vino ... ed il Resiano è soddisfatto. Carne e brodo di carne (la b’rzoljia - Rostbraten ), sono i piatti per le feste soltanto. La natura ha cosi bene insegnato al Resiano la moderazione che anche quando egli riceve un salario 2 volte e 3 volte superiore al1’ordinario, egli si attiene alla polenta alla frittata ed al vino e sorride di gioia se gli avviene di poter tagliare un pezzo di carne.

il parroco di Resia gli dà indicazioni per raggiungere gli Slovegni
(il parroco) mi disse anche che lui aveva si sentito parlare di quegli «Slovegni», ma che personalmente non li conosceva perché non era mai stato in mezzo a loro. «Ma ci vada, ci vada, mi ripeteva, vada da loro che sono da tutti abbandonati; proprio come se non esistessero davvero».
(...)
Tra queste Alpi vivono gli «Slovegni», ovverossia gli «Schiavi», come i loro vicini d’occidente usano chiamarli.
(...)
Solamente la più dura necessità potrebbe aver costretto degli esseri umani a stanziarsi in quelle gole.
Massi enormi si accumulano gli uni sugli altri o per ripidi pendici o su pareti rocciose, il tutto fra stentatissima vegetazione di rovi e sterpi. In mezzo alle sterili rocce i ruscelli impetuosi si sono scavati e continuano a scavarsi, gole profonde. A coronare le montagne si sono formati dei valloncelli ogni tanto, sotto frontali rocciosi, impedenti e minaccianti. Le valli, come siamo abituati a disegnarcele, non esistono la. Non c’è assolutamente nessun angolo di quella zona, in cui l’uomo possa liberamente e per sua volontà sviluppare una qualsiasi economia agreste: egli deve raccogliere la misera zolla sulla ripida pendice e coltivarla, deve ritirarsi contro le rocce e nascondersi nei crepacci fra le pietre. Egli è costretto a vegliare sopra il suo povero campicello, lavorato con le sue proprie mani, come sopra una aiola di fiori.
(...)
Gli «Slovegni» sono di statura superiore alla normale ed alcuni sono addirittura altissimi. Il viso hanno piccolo a paragone del corpo. La loro fisionomia esprime ardimento e fiducia in sé stessi, contemporaneamente a bontà.
(...)
Non è affatto il caso di dire che gli «Slovegni» sono semplici: essi sono gentili ed ospitalissimi, ma anche duri e diffidenti. Essendo stati abituati a guardare la realtà dal lato più nero, forse per questo, tendono a serbare rancore. Essi sono orgogliosi, sarcastici e spesso violenti.
(...)
Tutti lavorano, senza distinzione, come in Resia, fin che hanno la forza. A me è capitato di vedere, sopra un monte, delle ragazze con le scuri, intente ad estrarre con gran fatica radici d'alberi dalla terra in mezzo alle rocce; dovevano portare da loro stesse quelle «legna» fino da basso ed alle loro case; ma lavoravano allegramente ed amichevolmente scherzavano e cantavano le loro canzoni, tutte coperte di sudore in quella inumana fatica. Ristettero per un minuto o due, piene di sudore, e ci indicarono la strada, poi, dopo averci augurato buon viaggio, ripresero a lavorare.
(...)
Degno d’ammirazione è l’amore al lavoro degli «Slovegni». Mi capitò di vedere una donna che guidava una mucca attaccata all’erpice, e contemporaneamente allattava il suo bambino ch’era legato al suo seno con una fascia; non solo, ma essa pure filava, tenendo la lana dietro la cintola; si vedono talvolta donne badare alle pecore e capre come bravi pastori, e nello stesso tempo filare e cucire, senza naturalmente scordarsi di cantare.
Insomma, i miei cugini lavorano ancora ancora nella fattoria che, sfruttando con estrema fatica i piccolissimi e difficilissimi pezzettini di terreno ha nutrito la famiglia dai tempi di Sreznevskij e forse anche prima.
Se capitate in Friuli cercate il latte crudo Manig.

Ho pubblicato la scansione integrale del libretto. Sul libro non ci sono le date della traduzione né alcuna rivendicazione di copyright. Spero di non violare i diritti di alcuno. Se così fosse avvisatemi, lo toglierò subito.

Vi consiglio, inoltre, il bel sito di Valli del Natisone ed il post La fonte dei Manig.
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martedì, agosto 26, 2008

Camminare

"Che devo fare?", chiedo ai medici dei miei malanni. "Cammini - dicono - non smetta mai di camminare".
"Ma è faticoso" dico. "Cammini anche con fatica e con dolore".

Giorgio Bocca su Repubblica del 26/08/2008

Inoltre, aggiungo io, è piacevole, schiarisce la mente e consente la socialità e la conoscenza.

(Foto tratta da OutdoorWellnes.eu)

sabato, agosto 23, 2008

Girasangue e girapelle

Gaia (4 anni) mi ha regalato un disegno.
Nel presentarmelo mi ha spiegato che è un girasole con un'ape che raccoglie il copioso polline, come quelli che aveva visto al mare.
Siccome lo ha fatto rosso, ha trovato giusto chiamarlo GIRASANGUE. Non vi nascondo che mi è sceso un brivido per la schiena.


Inoltre, nei suoi progetti vi era di disegnarne uno rosa e di chiamarlo GIRAPELLE. Bisogna dire che Girapelle, secondo mia figlia, sarà sicuramente un fiore felice, considerando che il rosa è un colore bellissimo.
Pensavo che dovrei presentarla a Dario Argento, che dite?
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Se mio fratello sbaglia

La crisi georgiana solleva, a mio avviso, un interrogativo antico di cui mi pare non si sia ancora trovata una soluzione accettabile per i nostri tempi.

Il problema, enunciato in termini generali è il seguente: «quale comportamento dovremmo dovremmo adottare quando un nostro alleato —sia esso un collega, un amico, un parente, una società alleata o un paese amico commette un'atto che noi riteniamo ingiusto o profondamente sbagliato?»

Un sottocaso interessante si verifica quando l'ingiustizia viene perpetrata a danno di di qualcuno per cui nutriamo pregiudizi, un nostro nemico, o di qualcuno che riteniamo potrebbe esserlo.

Un altro potrebbe essere quando il nostro alleato sia (anche) un portatore di benefici per noi, quale potrebbe essere il nostro capo o imprenditore sul posto di lavoro o una persona che ci appoggia nei conflitti familiari o un paese il cui territorio è attraversato da una indispensabile condotta che porta il metano fino al nostro paese.

Cosa è successo

Ad un certo punto, poco prima dell'inizio delle olimpiadi di Pechino, la Georgia ha prima bombardato e poi attaccato con i carrarmati una sua regione separatista, l'Ossezia, posta sotto il protettorato dei caschi blu (dunque dell'ONU). La Russia, che ha fornito i caschi blu che presidiavano i confini dell'Ossezia, ha reagito, spazzando letteralmente via l'esercito Georgiano.

Dove sta il problema?

Il problema è che:

  1. la Georgia si è da poco liberata del precedente regime filo-russo grazie alla Rivoluzione delle Rose, diventando così filo-occidentale e chiedendo l'ingresso nella NATO. Anche se l'ingresso nella Alleanza Atlantica non è stato concesso a causa proprio degli irrisolti problemi territoriali (il regolamento della NATO prevede, ovviamente, che i paesi richiedenti non debbano avere guerre in corso), possiamo tranquillamente dire che la Georgia è un alleato dell'Occidente.

  2. la Russia è stata nostra nemica, anche e sopratutto ideologica, per tanti anni (tutta la Guerra Fredda) che fatichiamo a farcene un'idea diversa.

  3. dalla Georgia passa uno dei nostri più importanti investimenti strategici, l'unica condotta che porta metano verso l'Europa indipendente da Russia e Iran.

  4. la russia è una democrazia parziale, incompiuta e con forti tentazioni paternalistiche ed autoritarie.

Insomma, la Georgia è l'alleato ideale, mentre la Russia è il nemico ideale. Ma l'enorme ingiustizia, il gesto dissennato che nessuno avrebbe voluto veder accadere, è stata compiuta dalla Georgia mentre la Russia ha fatto ciò che anche noi stessi avremmo fatto nelle stesse condizioni (ed in effetti abbiamo fatto in Kossovo).

Il tranello dell'alleato ingiusto

Nelle chiacchiere che si fanno alla macchinetta del caffè o in mensa, mi è parso di capire che la maggior parte delle persone, come i nostri giornalisti, incappano nel tranello dell'alleato ingiusto affermando, con assoluto candore, che la Russia ha invaso volutamente la Georgia per tagliare ogni fornitura di metano alternativa alla propria; in pratica adattano la realtà perché coincida con i propri pregiudizi (la Russia è cattiva, deve per forza avere qualche interesse contrastante ai nostri).

Domanda

La domanda che pongo a mò di sfida a chi si voglia cimentare è «qual'è il corretto comportamento da mantenere (mantenendo anche un minimo di onestà intellettuale) nel caso in cui a sbagliare sia un nostro alleato ?»

Per approfondire:

martedì, agosto 19, 2008

Milano vista da dietro


La città vista da dietro, dai suoi cortili, non cessa di provocar vertigine.

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domenica, agosto 17, 2008

Assistente Creazione rapida degli Universi

Che gli informatici non avessero il senso della misura è noto. Non smetto comunque di stupirmi delle conseguenze dell'uso delle metafore nella progettazione del SW.

Questo, in un serissimo sw di business intelligence (cioè uno strumento per l'analisi dei dati storici di un'azienda) mi sembra dello stesso livello di:

... e Dio digitò: pkunzip Universo
che, dal punto di vista del contenuto informativo, è forse l'interpretazione più credibile del Big Bang.
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venerdì, agosto 15, 2008

Metti una sera a piedi per Milano

Qualche sera fa sono andato con Massimiliano ad un aperitivo con festa di compleanno. Eravamo in un bel locale in Città Studi, nella zona est della città, una di quelle zone che le agenzie immobiliari vendono come semicentrali, se mai il temine significasse qualcosa.
La compagnia era buona e interessante e la festeggiata affascinante come solo una quarantenne single riesce ad essere.

Alle 23 siamo usciti a fare due passi, un po' per smaltire gli alcolici ed un po' per avere l'occasione per due chiacchiere.

Per strada diverse macchine. Nessuno che cammina sul marciapiede. Svoltiamo l'angolo e incontriamo 4 sudamericani che, con aria virile, stazionano vicino ad un portone. Due sono appoggiati con la schiena alla parete, uno seduto sul primo scalino ed uno parla animatamente.

Fotografia tratta dal sito di Bolla

Un incrocio più avanti, di fronte ad un benzinaio, due scosciatissime prostitute contrattavano con un cliente in macchina.

Alcuni magrebini ridono e fanno gli scemi davanti ad un phone center.

Giriamo un altro angolo e ci troviamo nel nulla. E' mezzanotte di una splendida notte di inizio agosto. Qualche macchina passa in strada. Nulla. Soli.
Le persiane delle case sono abbassate. Un po' d'aria fa vibrare le fronde di alcuni alberi spettrali. Una macchina fa sollevare una cartaccia che svolazza per qualche secondo.
I lampioni sono accesi ma le ombre sembrano ancora più buie. E se i quattro di prima ci avessero seguiti?

La paura è una brutta bestia, è irrazionale e non si controlla, non ragiona; a meno che non se ne parli.

La domanda da porsi è «di cosa abbiamo paura»?
Perché se fossimo in una affollata strada centrale di una località di villeggiatura avremmo meno paura? Ci sono meno immigrati? Direi di no. Meno prostitute? A Rimini, che io sappia, è pieno.
E se non ci fossero stati né gli uni né gli altri, ci saremmo sentiti più sicuri? Nel riminese, la criminalità predatoria è (in percento alla popolazione) molto ridotta rispetto alla criminalità milanese?

Le statistiche, al solito, ci dicono che negli ultimi 20 anni i reati in Italia non hanno fatto altro che diminuire e che siamo arrivati a livelli di sicurezza molto maggiori, per esempio, rispetto ad Austria, Francia o Inghilterra. E allora? Perché abbiamo paura?

Allora, passiamo troppo tempo a guardare la TV e ad impressionarci per l'ennesimo caso di efferata cronaca ripetuto come un tamburo per giorni e settimane.

Allora, vediamo persone straniere nelle nostre città, le guardiamo ma non le capiamo.

Allora, abbiamo rimosso la nostra povertà di quando eravamo bimbi e guardiamo i poveri e ne siamo spaventati.

Allora, abbiamo abbandonato le nostre città. Ci siamo chiusi in casa e ci muoviamo chiusi in scatole di metallo. Le città, con poche eccezioni, sono deserte ed invase dalle automobili parcheggiate ovunque. Per uscire la sera ci si muove in macchina da un locale all'altro. Per andare a far compere ci si muove in macchina fino al centro commerciale. Per andare al cinema si prende la macchina fino al multiplex preferito.

La città è deserta.

Gli unici che vivono la città sono gli immigrati. Sono poveri e non si possono permettere le nostre pizzerie da 7€ per una margherita. Vengono da posti in cui c'è la fame ma la gente vive i luoghi in cui abita. Non hanno televisori da 400 canali e, comunque, abitano in 10 in un piccola appartamento. Non passano sicuramente la notte davanti al computer.
Se devono passare del tempo, fanno un giro, salutano gli amici, gustano un cono gelato chiacchierando sul marciapiedi.

Forse proprio per questo ci infastidiscono, perché usano una città che consideriamo ancora esclusivamente nostra pur avendola abbandonata.

Trent'anni fa eravamo esattamente come loro, forse eravamo più felici di adesso, ma non ce lo ricordiamo.

Siamo noi che abbiamo abbandonato le nostre città, e le città fantasma fanno paura!
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martedì, agosto 12, 2008

Obama dixit

«... . Nel lungo termine, l' unica cosa che possiamo fare per far fronte al costo della benzina è di cambiare il modo in cui consumiamo petrolio. Questo significa investire in carburanti alternativi, innalzare i parametri di efficienza energetica per le automobili, aiutare l' industria automobilistica a ristrutturarsi internamente».
L' alto costo del petrolio potrebbe però paradossalmente diventare una cosa positiva, una spinta per passare a energie alternative?
«Abbiamo consumato e consumiamo energia come se le fonti fossero illimitate. Adesso, con la rapida crescita di India e Cina, sappiamo che i nostri bisogni superano di gran lunga le riserve disponibili»
Da un'intervista a Barack Obama pubblicata da la Repubblica il 13/06/08.
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Il costo del petrolio e la caccia all'untore

Il Italia c'è una tradizione che risale ai tempi del medioevo: quando arrivava la peste si cercava un colpevole, un untore. E non si andava tanto per il sottile, era sufficiente una denuncia in pubblica piazza per far impiccare un povero cristo.
Insomma, qualcuno la doveva pur aver portata questa maledetta peste. Era un modo come un altro per sfogare la rabbia del popolo e, magari, anche l'invidia verso qualcuno che già non se la era presa, la peste.

Ed ecco che si arriva ad oggi. Il consumo mondiale di petrolio - una risorsa accumulatasi nel ventre della terra in quache milione di anni e dunque destinata prima o poi a finire - presenta un aumento di consumo come nel grafico che segue:


una bella rampa di salita ininterrotta.

Che io sappia, se una risorsa è limitata e necessaria, finisce per essere contesa tra i soggetti che la vogliono acquistare e questo, inevitabilmente, finisce per far salire i prezzi.

Perché il prezzo del petrolio scenda deve avverarsi almeno una delle seguenti:

  • dovrebbe diminuire il consumo di petrolio, a parità di capacità estrattiva
  • dovrebbe aumentare sensibilmente la capacità estrattiva
Il fatto è che Cina ed India, che contano miliardi di abitanti, sono ben diretti verso il raggiungimento del nostro tenore di vita e sono ancora ben lungi dall'esserci arrivati. Dal momento che siamo ancora all'inizio dello sviluppo delle energie rinnovabili e dell'efficenza energetica, il consumo di petrolio non diminuirà.

Peraltro, i giacimenti più facilmente raggiungibili sono già sfruttati al massimo, quando non addirittura esauriti. Restano da utilizzare giacimenti il cui costo di sfruttamento sarà sempre più alto. Questi giacimenti saranno interessanti ad un elevato prezzo del petrolio ma diventerebbero antieconomici se il prezzo dovesse scendere.

E' facile prevedere che, vista la richiesta crescente di energia sul mercato mondiale, ogni annuncio di aumento di capacià estrattiva abbia effetto temporaneo e che il prezzo del petrolio continuerà ad aumentare ancora per alcuni decenni.

Panorama del 17/07/08, esce con una copertina composta come segue:
immgine di sfondo: mostruose cavallette d'acciaio divorano banconote
Ecco chi divora i nostri soldi
SPECULATORI ALL'ATTACCO
L'anticipazione recita:
Shock petrolifero.
Crisi alimentare.
Ritorno dell'inflazione.
E, dietro, i nuovi predatori della finanza che muovono miliardi di dollari.
Chi sono, come lavorano
e chi può fermarli.
TREMONTI: IO HO UN PIANO
Pazzesco!

Ora, a parte l'effetto un po' ridicolo dell'occhiello riguardo il piano di Tremonti, non sembra una vera e propria caccia all'untore?

Non che gli specuatori siano siano dei santarellini, ma il loro mestiere è quello di anticipare i trend di mercato acquistando adesso il prodotto di domani, in modo da poterlo poi rivendere con un guadagno. Dunque il loro contributo si ferma all'anticipare un eventuale aumento, non a provocarlo.

Certo, la caccia al capro espiatorio è liberatoria, ma non contribuisce punto alla soluzione dei problemi.

Cosa ci vorrà per capire che siamo di fronte ad un cambiamento epocale e che prima cominceremo ad affrontarlo e meglio sarà?

Per approfondire:
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lunedì, agosto 11, 2008

Geogia, Ossezia e Russia

Ho guardato diversi TG e letto una decina di articoli sui maggiori quotidiani, in questi giorni, cercando di capire qualcosa dei fatti dell'Ossezia.

Capirci qualcosa non è facile, troppo facile aspettarsi che si tratti semplicemente di una zampata dell'orso russo.

Provo a dare un piccolo contributo mettendo in fila gli eventi:

  1. L'Ossezia del Sud, una piccolissima regione della Georgia, da venti anni chiede l'indipendenza dalla Georgia per potersi riunificare con l'Ossezia del Nord, parte della Federazione Russa
  2. Con la rivoluzione delle rose la Georgia si libera del governo filo-russo di Shevarnadze (ex ministro degli esteri del governo URSS di Gorbaciov e vince democraticamente le elezioni Mikheil Saakashvili che si dichiara apertamente filo-americano e chiede l'ingresso della Georgia nella Nato
  3. Ma la Nato non accetta stati che non abbiano risolto i propri problemi territoriali e la Georgia ha alcuni territori (Ossezia e Abkazia) che sono sotto la tutela dell'Onu
  4. La tutela dell'Onu consiste in una forza di caschi blu composti da militari Russi, Osseti e Georgiani
  5. L'8 agosto 2008, giorno di inizio delle olimpiadi di Pechino, forse contando su di un mondo un po' distratto, la Georgia lancia un attacco in grande stile alla piccola regione indipendentista.
  6. L'attacco si configura subito come un tentativo di pulizia etnica con militari che giustiziano a freddo civili e lanciano granate nelle cantine dove sono rifugiate intere famiglie con vecchi e bambini
  7. Una decina di caschi blu russi vengono uccisi durante l'offensiva, e l'esercito russo reagisce con violenza, bombardano le postazioni strategiche (aeroporti militari e comandi) della Georgia (la cui capitale è Tbilisi).
  8. La televisione italiana, non si sa se per errore o ignoranza mostra immagini di guerra (esplosioni, carri armati, cecchini) in Ossezia mentre parla dei bombardamenti russi su Tbilisi.
  9. Oggi 12 agosto 2008, l'accordo grazie anche alla mediazione di Nicolas Sarkozy, presidente francese e presidente di turno dell'Unione Europea.
(ANSA) - ROMA, 11 AGO - Il presidente della Georgia Mikhail Saakashvili ha detto di aver firmato il piano dell'Ue per porre fine la conflitto in Ossezia del sud. Occorre fermare la Russia 'che non vuole l'Ossezia, ma tutta la Georgia e la sua rotta energetica', ha aggiunto. Mosca ha ribadito che la pace e' possibile solo con il ritiro delle truppe georgiane dall'Ossezia del sud e con un accordo sulla rinuncia all'uso della forza. Il presidente francese Nicolas Sarkozy sara' domani a Tbilisi, ha detto Saakashvili.
Ho trovato qualche informazione illuminante in un articolo firmato da Giulietto Chiesa.
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Hiroshima, è arrivato il silenzio

Tokyo - 8 Agosto - Radio Tokyo informa che la bomba atomica ha letteralmente polverizzato tutti gli esseri viventi che si trovavano a Hiroshima. I morti e i feriti sono assolutamente irriconoscibili e le autorità non sono in grado di fornire dati circa il numero approssimativo delle vittime. La città è un immenso cumulo di rovine
(Prima pagina del Corriere Lombardo, dell'8 agosto 1945).
Era una certezza. Tutti gli anni, da che io ricordi, il 5 agosto incominciavano le commemorazioni della bomba di Hiroshima ed il 6 non vi era un telegiornale che non riportasse le commemorazioni nei titoli di copertina.

Era così certo che utilizzavo le commemorazioni come promemoria del compleanno di mia madre (nata il 6 agosto di una altro anno) e della sua sorella gemella.
Quest'anno, niente.

Qualche approfondimento notturno, qualche documentario su History Channel, come se si trattasse delle guerre puniche, e poco di più. Ma neanche una parola al telegiornale delle 20.00 o a quello delle 20.30.

Come se non fossimo tutt'ora nel mirino di centinaia di megatoni, ben più di quanto sia necessario per cambiare irreversibilmente la faccia della Terra, sparsi in centinaia di siti missilistici di cui non conosciamo neppure l'esatto numero e collocazione.

Non è l'esercizio della memoria per la memoria. Non è la memoria della, ormai estinta, guerra fredda. E' la coscienza di cosa significhi l'apocalisse nucleare.
Prima che a qualche genio si ricordi che tenere inutilizzata tutta quella potenza di fuoco è uno spreco, con tutti i nemici che che ci sono in giro.

Per approfondire:
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martedì, agosto 05, 2008

In coda

Alle 21 circa parto da Riva del Garda alla volta di Segrate . Percorro la Gardesana in direzione Salò, verso Brescia. Ho percorso questa strada circa due volte al mese, negli ultimi 12 anni. La conosco bene, come le stanze della casa al lago.
Buone notizie, l'aria condizionata funziona, nonostante ultimamente facesse le bizze. E' una notte afosa.


Strano, due giorni di sole senza l'Ora nella Busa (la conca che accoglie Riva del Garda, Torbole sul Garda ed Arco di Trento), sembra impossibile, non è mai successo da che io ricordi, cioè da quando 35 anni fa arrivai dalla Svizzera. Se questi sono i cambiamenti climatici, allora è veramente un disastro.

La macchina conosce ogni anfratto della tortuosa strada, ogni ruga dell'asfalto. I 136 cavalli vapore della cicciona di lamiera ruggiscono e scalpitano.
La Gardesana occidentale mi ha sempre divertito. Molti tratti sono extraurbani senza limite, dunque implicitamente consentono di viaggiare fino a 90Km/h, che per una strada così sono un bell'andare. Fischio di pneumatici e marce basse per controllare le curve.
Non mi piace eccedere con la velocità così mantengo un andamento allegro ma prudente.

Una macchina dietro mi sta troppo vicino. Non vedo i fari. Quando non vedo i fari nello specchietto retrovisore significa che la macchina che segue non finge nemmeno di rispettare le distanze di sicurezza.
Entro in curva, non freno neanche, caccio dentro una terza e accarezzo l'acceleratore in uscita verso il rettilineo.

Si è spaventato ed è rimasto indietro. 1, 2, 3, 4 ed è di nuovo attaccato al mio fondoschiena, al paraurti.
Lo ignoro per i successivi 15 minuti e guido particolarmente tranquillo. Misteriosamente rimane lì, senza neanche iniziare un sorpasso.
Intravedo luci rosse un paio di gallerie avanti. Un ruggito ed eccolo sorpassarmi. A forza di corricchiare abbiamo raggiunto una coda di macchine che procede a flemmatici 50 all'ora. Mai sorpasso si è dimostrato così inutile.
Lo sconosciuto ha una Ford -strano, avrei scommesso per una BMW- e si appiccica all'ultima macchina della fila, proprio davanti a me.
Mi impressiona vederlo procedere così intimamente legato al fondoschiena di chi lo precede, sembrano certe farfalline nere e bianche che capita di incontrare nei boschi in primavera, svolazzanti allegramente accoppiati, copulando e volando, volando e copulando.

Ma la Gardesana è una strada che non lascia scampo, a destra c'è la massicciata della montagna ed a sinistra il lago. Nessuna via di fuga, nessuna strada alternativa.

Con i nostri tranqueilli 50Km/h arriviamo a Gargnano. Fermi! Coda. Prima, seconda, prima. Motore spento. Prima, seconda, freno.
Me lo immagino livido a stringere il volante mentre il fegato si ingrossa e le vene del collo pulsano. Fermo.

Sono attirato da un bel baretto. Sembra una rotonda della spiaggia, ha diversi tavolini verso la strada ed un'aria rilassata. Quattro vecchi chiacchierano e bevono birra. Hanno un'aria familiare, come una pubblicità della Moretti. Mi fermo.

Scendo dalla macchina, mi stiracchio e, una volta ripreso controllo del mio corpo, mi avvio verso la costruzione fiocamente illuminata.

Bambini giocano a calciobalilla con le mamme. Una mammina dai capelli neri porta un abituccio con interessanti trasparenze all'altezza dei glutei.
Ordino una acqua tonica e mi seggo a guardare il serpente d'acciaio e gomma, affannato. Sorseggio la bevanda e scrivo queste note. Prima o poi, penso, le automobili torneranno a scorrere.

Qualcuno guarda la tv che si protende verso il basso da qualche misterioso vano nel tettuccio. Pochi spengono il motore quando sono fermi.

Quante macchine potenti, in coda.

Approfondimenti:

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lunedì, agosto 04, 2008

Aleksandr Solzenicyn

Questa notte è morto Aleksandr Isaevic Solženicyn.

Accidenti. Ho letto Arcipelago Gulag tanti anni fa, e adesso no lo trovo, mi sa che l'ho lasciato a casa dei miei genitori. Beh, forse era di mio padre. A ben pensarci anche Una giornata di Ivan Denisovich era di mio padre, inutile cercarlo in libreria. Grrr.
Mi ricordo un piccolo episodio e provo a narrarlo a memoria, non esitate a correggermi dove sbaglio e siate clementi dove sono impreciso.

Il parlamento Ucraino c'era ancora, ma funzionava in modo strano. La polizia politica era stata incaricata di scremare il latte mano a mano che la panna veniva a galla. Più esplicitamente, la richiesta era di mandare in Siberia almeno qualche persona importante ogni settimana.

La polizia, per non fare torto a nessuno, aveva adottato il seguente sistema per selezionare i viaggiatori: presiedeva a tutte le sessioni del parlamento e, al termine della rituale lettura del messaggio di Stalin, osservava attentamente il primo che smetteva di applaudire o, se i numeri erano insufficienti per placare la fame del sistema, chi applaudiva con meno trasporto o in maniera meno convincente. La notte stessa, avrebbero bussato alle porte degli antirivoluzionari e li avrebbero inseriti nel programma di riabilitazione.

Insomma, dopo la lettura del messaggio del grande leader, i poveri delegati applaudivano per decine di minuti, fino all'esaurimento. E non erano rari i casi di anziani rappresentanti del popolo che stamazzavano al suolo svenuti e privi di forze dopo un interminabile applauso.

Così andavano le cose ai tempi dei Gulag.
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sabato, agosto 02, 2008

Economia e felicità, prima puntata

E' da un po' che mi domando quale sia il ruolo tra economia e felicità.
Tutte le persone ambiscono alla felicità, e poi parlano e si comportano come se PIL e felicità fossero sinonimi.
Dopo aver partecipato nel 2000, nel mio piccolo, alla bolla delle dot-com lavorando per una di queste; ho iniziato ad essere attratto dai fatti dell'economia, dall'andamento di borsa e da tutta quella cronaca minuta che appare sulle pagine di economia dei giornali.
Ho letto ed ho ascoltato fino ad impararne un po' il gergo pur ritenendolo spesso inutilmente complicato.
Alla fine, sono arrivato a riconoscere l'odore della prosopopea e della ideologia che permea la maggior parte degli articoli che compaiono sui, sempre autorevoli, giornali economici.
Così, una sera a cena, mi sono trovato stupito del semplice e chiaro eloquio di un professore universitario di economia.
Luca Stanca è una persona gentile e paziente che cerca di fare della buona scienza studiando i (spesso pochi) fatti oggettivi che determinano il comportamento delle donne e degli uomini di fronte alle scelte economiche.
Come ogni persona di scienza che si rispetti, Luca attende sempre alcuni secondi prima di rispondere ad una domanda, non usa espressioni roboanti, pone particolare attenzione a non fare affermazioni errate e non risponde se non sa (praticamente l'esatto opposto dei migliori politici).
Dopo averlo torturato per un po' sono riuscito a strappargli la promessa di farsi intervistare su temi che mi sono cari.
Questa è la prima piccola intervista di quello che, spero, diventi un vizio seriale di questo blog.

Che lavoro fai?

Docente universitario.
Cosa è l'economia?
Lo studio delle scelte dei singoli agenti economici (microeconomia) e dell'andamento dei sistemi economici a livello aggregato (macroeconomia).
L'economia ha a che vedere con la felicità?
Sì, per almeno due motivi. Primo, perché le condizioni economiche sono fattori importanti per la felicità di una persona. Secondo, e forse più importante, perché le scelte economiche hanno conseguenze per altre sfere dalla vita delle persone, che a loro volta hanno un ruolo importante per la felicità.
Cosa è il «Paradosso della felicità» di Easterlin?
In breve, il fatto che nel corso del tempo, sia a livello individuale che a livello aggregato, all'aumentare del livello del reddito non corrisponda un aumento della felicità autodichiarata.
Luca Stanca
Department of Economics
University of Milan Bicocca
http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca

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Mi sento fortunato