giovedì, gennaio 29, 2009

bisogna aiutarli a casa loro

Roberto Cota (il megafono alla moda della Lega Nord) questa sera ad Anno Zero, riferendosi agli immigrati, ha ripetuto una affermazione sentita 10 o 15 anni fa e poi scomparsa:

«Non possiamo accoglierli tutti, bisogna aiutarli a casa loro»
Oh, veramente, dopo che la sua maggioranza ha massacrato il bilancio degli aiuti per lo sviluppo, dice che bisogna aiutarli a casa loro! Mica scherzi.

Cioè, il motto aiutarli a casa loro sembra anche sensato -dico sembra-, ma chissà perché gli unici aiuti a paesi poveri che sono aumentati negli ultimi anni sono quelli trasportati dai caccia-bombardieri, mentre gli aiuti economici, gli accordi commerciali di favore e la lotta allo sfruttamento non hanno fatto altro che diminuire.
La realtà (che può piacere a meno) è che:
  1. gli immigrati non vogliono aiuti, vogliono -nella stragrande maggioranza- lavorare e guadagnarsi la loro fetta di benessere
  2. la natalità italiana è sotto il tasso di sostituzione, per cui abbiamo un disperato bisogno di immigrati; e visto che gli svizzeri sono pochi e nelle stesse nostre condizioni, non ci resta che accogliere persone dal sud del mondo
  3. dato che richiesta ed offerta ci sono, gli immigrati irregolari aumentano se le possibilità di immigrare legalmente diminuiscono
  4. più importante di tutto: le persone dal sud del mondo sono persone come noi che hanno avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato; per cui non possiamo che trattarli con lo stesso rispetto di chiunque altro
Li stiamo aiutando a casa loro? Lo abbiamo mai fatto? Lo faremo mai? Se si, in che modo?
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Il lavoro fa schifo (recensione)


1.
Giovanna ha un figlio di 5 mesi e si occupa di marketing. Organizza la presenza della sua azienda a fiere e convegni, cura i comunicati stampa che periodicamente la società manda ai giornali e contratta i costi di stampa delle brochure con il fornitore.
Oggi il piccolo ha la febbre, il marito non può non andare in ufficio e lei sa che il suo lavoro della giornata si risolverà in 4 telefonate, la lettura della posta elettronica (e relative risposte) e la traduzione di una brochure dall'italiano all'inglese per chiedere l'autorizzazione alla casa madre. Ma deve (!) andare a lavorare al centro di Milano. Il tragitto parte da un comune limitrofo alla città, prevede un tragitto macchina su di una strada terribilmente congestionata, un tratto a piedi dal parcheggio alla fermata della metropolitana, 15 minuti di sardina in una carrozza sovraffollata, due fermate di tram ed infine un tratto a piedi. Ovviamente tutto il tragitto è appesantito dalla borsa con il PC e dal cellulare completo di alimentatore (non si sa mai), di cappotto e di borsetta con bozze di documenti e brochure e scatola con l'insalata da mangiare per pranzo ... Le otto ore di lavoro diventano presto 11 se si considerano i viaggi ed il tempo del pranzo consumato alla scrivania. ... e il bambino ha la febbre.

2.
Osvaldo, entra in ufficio la mattina alle 8.40 e i dirigenti sono già tutti ai posti di combattimento. Quando ripassa davanti agli uffici dei suoi responsabili guarda dentro e li vede occupati in riunione o al telefono o a portare un'espressione troppo seria mentre guardano il PC -si domanda se giocano a battaglia navale-. Mangia un panino al bar e, quando esce, verso le 19.00, li vede ancora ancorati ai loro posti, qualche volta al telefono o, più spesso, ancora fissi sullo schermo del PC -chissà chi vince?-.

Beh, pensa Osvaldo, per fare carriera bisogna dimostrare capacità di sacrificio altrimenti i sottoposti penseranno che poltrisci mentre a loro chiedi immani sforzi. Ed eccoli tutti, inchiodati al loro posto, anche quando non serve.

Perché nei luoghi di lavoro imperano le metafore militari?

3.
Antonio vive a Bareggio e lavora a Segrate, questa mattina ha impiegato un'ora e mezza per arrivare al lavoro. Quando è arrivato era già stanco stravolto, si è scusato inventando qualche scusa -come se ce ne fosse bisogno-, e si si è messo al lavoro. Alle 15 fissava il monitor con sguardo vacuo e aspettava con ansia l'orario di ritorno. La mattina dopo arriverà con un lavoro completato, a casa, durante la tranquillità della notte.

... ma queste sono storie storie quotidiane che tutti conosciamo.

Il ROWE
Stati Uniti, fine anni 90, Cali Ressler e Jody Thompson, due consulenti del lavoro, vengono incaricate da Best Buy -una azienda di grande distribuzione- di ridurre l'emorragia di dipendenti che si dimettono da alcuni uffici della loro sede centrale.

Intervistano i dipendenti ed i dirigenti, osservano per mesi le dinamiche del lavoro e decidono che il lavoro, così com'è organizzato, è frustrante per i dipendenti e poco produttivo per l'azienda.

Riorganizzano il lavoro con un metodo che poi chiameranno ROWE (Results Only Work Environment, definizione su Wikipedia) la cui filosofia spicciola è:

  • I lavoratori sono adulti, e vogliono essere trattati come tali.
di conseguenza:
  1. Il lavoro non è un luogo dove andare
  2. Il lavoro non è un orario da rispettare
  3. Il lavoro è avere delle cose da fare.
Le linee guida sono:
  • Attenzione ai risultati, in particolare quelli che portano beneficio al cliente
  • Libertà di critica costruttiva. Chi lavora deve poter dire la sua sull'utilità di una qualsiasi azione.
  • Nessuna riunione è obbligatoria.
  • Lotta senza quartiere al Fango, che sono quelle battute e quella sottile maldicenza che impediscono sincera collaborazione tra colleghi -o capi e sottoposti- e la focalizzazione sugli obbiettivi.
Il risultato, a dir loro, è un aumento della produttività del 35%, un quasi azzeramento del turn-over volontario (dipendenti capaci che se ne vanno) ed un ridotto aumento dei licenziamenti (dipendenti mandati via perchè inefficaci).

Perché dobbiamo essere in particolare posto da un determinato orario? In fondo tutti siamo ormai dotati di cellulare aziendale, di PC portatile e di linea ADSL e la maggior parte del lavoro d'ufficio lo facciamo usando il PC e il telefono, stando in ufficio.

Spesso finiamo il lavoro a casa, ed altrettanto spesso corriamo come dei matti per arrivare in ufficio ... a perdere tempo per timbrare ingresso ed uscita.

Dopo alcuni anni di lavoro le nostre eroine scrivono il libro che mi trovo a recensire:
Perché il lavoro fa schifo e come migliorarlo
Autore : Ressler Cali; Thompson Jody
Prezzo: € 14,00
Dati: 2008, 256 p., brossura
Traduttore: Bernabei F.
Editore: Elliot (collana Antidoti)
* Su IBS c'è una scheda e l'onesto commento di un lettore.
Ve lo raccomando, anche se alla fine il libro sembra voler vendere una brillante idea anche a costo di nascondere gli aspetti più spinosi ed il modo in cui hanno risolto i necessari dettagli burocratico organizzativi.
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lunedì, gennaio 26, 2009

Israele e Gaza, il bilancio dopo la tregua

Riassunto della situazione a Gaza, per non dimenticare. Tratto da City del 20 gennaio 2009:

«Primo giorno di tregua nella Striscia. Sia Israele che Hamas rivendicano la “vittoria”. GAZA CITY - Il primo giorno di tregua nella Striscia è trascorso sostanzialmente senza incidenti. Israele prevede di completare il ritiro oggi, prima dell'insediamento del presidente Usa Barack Obama. “Abbiamo raggiunto gli obiettivi” spiega il premier Ehud Olmert. (...) i palestinesi a Gaza contano oltre 1.300 morti (410 bambini), anche il leader di Hamas Ismail Haniyeh rivendica una “vittoria popolare”. Le stime dei danni a Gaza ammontano ad almeno 1,9 miliardi dollari. Secondo l’agenzia Onu per i profughi l’80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari, mezzo milione di persone (un terzo degli abitanti) è senza acqua, 4 mila case sono distrutte. In Israele (13 morti di cui 10 soldati e 3 civili) l’offensiva ha fatto crescere i consensi per i ministri degli Esteri Tzipi Livni e della Difesa Ehud Barak in vista delle elezioni del 10 febbraio. (...)»
Ora, a parte Hamas che sembra quello che diceva di averne prese tante ma in compenso di aver sbucciato le nocche del picchiatore con i denti, mi domando come un giovane palestinese possa non diventare un terrorista (o partigiano, dipende dai punti di vista).

Nel frattempo i politici Israeliani che hanno lanciato la campagna del terrore su Gaza guadagnano voti, un po' come i partiti politici italiani che da qualche anno cavalcano il terrore e se la prendono gli extracomunitari (ma io preferisco chiamarli migranti).

P.S. Se non l'avete ancora letto, vi rimando a Quando il mio fratello israeliano sbaglia, a Gaza.
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sabato, gennaio 24, 2009

La filastrocca degli elefanti sul filo di una ragnatela



Da un paio di giorni la Tamagotchi ha il raffreddore e la febbre. A quattro mesi la febbre sale subito a 39 e su fino a 40. Quando la bambina cuoce non resta che la Tachipirina (o qualsiasi altro farmaco a base di paracetamolo), ma fino ad allora frignotterà senza sosta senza essere del tutto sveglia e senza riuscire ad addormentarsi.

Allora la prendo in braccio e la sballotto a tempo cantando (per quando profodamente stonato) una filastrocca semplice e ritmata -che mi porto dietro fin dal primo figlio- che si può canticchiare tenendo sempre lo stesso tono.
A seconda del giorno e di quanto la vittima è arrabbiata, la filastrocca può durare da 3 a 10 elefantini -in casi di terribile crisi sono arrivato anche fino a trenta-, prima che svenga per la disperazione.

Ormai è entrata così tanto nella nostra cultura famigliare da rappresentare la misura, in elefantini, del malessere infantile:

«Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela
ma non trovando il gioco interessante, andò a chiamare un altro elefante.

Due elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela
ma non trovando il gioco interessante, andarono a chiamare un altro elefante.

Tre elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela
ma non trovando il gioco interessante, andarono a chiamare un altro elefante.

(... ripetere fino a che la vittima chiude gli occhi ...)
Dieci elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela
ma non trovando il gioco interessante, andarono a chiamare un altro elefante.

(... ora, se non siete già svenuti anche voi, c'è una simpatica prolunga che ho trovato in rete ...)

Il ragno che li vide pensò con spavento
"se un altro ne arriva, cadiam tutti insieme!".

(... e qui incomincia la discesa ...)
Dieci elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela
e non trovando il gioco interessante, se ne andò un grande elefante.

Nove elefanti si dondolavano sopra il filo di una ragnatela
e non trovando il gioco interessante, se ne andò un altro elefante.

(... e poi a scendere, per assicurarsi che dorma veramente, fino a ...)

Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela
e non trovando il gioco interessante, tornò a casa da mamma elefante.

Il ragno sospirò, si sentiva sollevato! (uff ...)
Mangiò una mosca morta e si leccò il palato.»
Certo che funziona, ma vorrei conoscere il pusher di chi l'ha inventata. ;-D
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venerdì, gennaio 23, 2009

L'economia dei numeri

Da qualche tempo, al lavoro, mi occupo della produzione di reports direzionali. Così mi sono scoperto in imbarazzo quando un collega, in corridoio, mi ha chiesto il fatturato dell'azienda ed il numero, anche molto approssimativo, di pezzi venduti al giorno. Argh. A forza di guardare numeri tutto il giorno finisce che non li si vede più, perdono di significato.
Non c'è niente da fare, per avere un minimo di cognizione di causa è necessario memorizzare almeno alcuni, fondamentali, numeri.

Così capita che molti parlino del debito pubblico italiano, arrivando anche a confrontarlo con quello degli stati esteri, senza essere in grado, però, di rispondere alla banale domanda: quanto è? Cioè, in modo anche molto approssimativo, quanti zeri ha?

Così ho fattto qualche ricerca sul sito del tesoro e ne ho tratto una tabellina:


Debito Pubblico (milioni di €) PIL (milioni di €) Debito per abitante (60M) PIL per abitante (60M) Debito / PIL
2004 € 1.444.604 € 1.391.530 € 24.077 € 23.192 104%
2005 € 1.512.779 € 1.428.375 € 25.213 € 23.806 106%
2006 € 1.582.009 € 1.479.981 € 26.367 € 24.666 107%
2007 € 1.598.762 € 1.535.540 € 26.646 € 25.592 104%

Per cui:
  • l'Italia ha poco meno di 60 milioni di abitanti
  • il debito pubblico è circa 1.600 miliardi di €,
  • che corrisponde ad un debito di circa 27.000€ per abitante, compresi pensionati e neonati cioè 135.000€ per la nostra famiglia di 5 persone
  • il prodotto interno lordo, cioè la ricchezza prodotta, è meno di 26.000€ l'anno per abitante
Per fare un confronto, da wikipedia:
  • gli USA hanno di poco superiore ai 300 milioni di abitanti (poco più di 5 volte l'Italia)
  • il debito pubblico degli stati uniti è circa 8.500 miliardi di $
  • il PIL degli stati uniti è di circa 14.000 miliardi di $
  • per cui il debito pubblico è 28.000$ per abitante
  • mentre il PIL pro capite è di 46.000$
  • la guerra in Iraq cosa circa 120 miliardi di $ all'anno
Ripassiamo: debito italiano 1.600 miliardi di €, prodotto interno lordo poco inferiore attorno ai 1.500 miliardi di €, abitanti 60 milioni, debito pro capite attorno ai 27.000€. Gli USA hanno un debito pro capite paragonabile al nostro (dipende dal cambio) ma un PIL decisamente più elevato.

Si possono avere opinioni diverse sul governo in carica, ma bisogna ammettere che, in temi economici, lo spazio di manovra è veramente ridotto.
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giovedì, gennaio 22, 2009

One Man Jazz Band

Visto e fotografato ad uno spettacolo per bambini, sabato scorso.
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venerdì, gennaio 16, 2009

Quando il mio fratello israeliano sbaglia a Gaza

Gli ebrei sono un popolo straordinario. La maggior parte degli scrittori che ho amato sono o erano ebrei. La maggior parte degli scienziati e dei filosofi che mi vengono in mente sono o erano ebrei. Molti dei giornalisti che leggo con grandissima ammirazione sono ebrei. Molte aziende che ammiro per la capacità organizzativa o di innovazione tecnologica sono israeliane o fondate da ebrei.
Sono assolutamente convinto che senza gli ebrei la civiltà occidentale sarebbe molto meno evoluta di quello che è, e non dimentichiamoci che Gesù era ebreo.

Gli ebrei hanno subito persecuzioni terribili, l'ultima delle quali è stata la follia nazista dell'Olocausto.

Gli ebrei hanno ora una patria in Israele, e per averla la hanno tolta ai palestinesi.

Della Palestina è sopravvissuto qualche pezzettino, bucherellato, sovraffollato e povero. Povero e senza speranze.
Un bambino che oggi nasce in Palestina, è destinato, come i suoi genitori, alla disoccupazione, alla povertà, ad una vita di sussistenza, ad una mancanza di libertà asfissiante. Non c'è possibilità di attività economica, di miglioramento, di scuole o di cure.

Israele è l'unico stato veramente democratico nel Medio Oriente mentre la Palestina non è nemmeno uno stato. Israele è abitato dagli ebrei -verso cui nutriamo il più sincero affetto ed ammirazione- ed è un paese moderno e ricco, dotato di stato sociale, ottime università, informazione libera ed un'economia frizzante e fortemente spinta verso l'internazionalizzazione.

L'alleato ideale

Israele è, nell'area, il nostro alleato ideale. Condivide i nostri interessi, la nostra cultura e guarda gli stessi programmi televisivi.

La Palestina

La Palestina ha un governo eletto democraticamente, però alle ultime elezioni la maggioranza è andata ad un partito che si chiama Movimento di Resistenza Islamico (Hamas). Il governo palestinese non può decidere nulla, non ha il controllo del territorio e non ha alcuno strumento per impedire l'erosione del poco e sovraffollato territorio da parte delle "colonie" israeliane. Il governo palestinese non controlla le frontiere, emette passaporti che non consentono di andare da nessuna parte, e non ha le risorse per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici, dato che non vi sono attività economiche da tassare.

Ogni tanto qualcuno dalla Palestina spara un missile su Israele. Questi missili (razzi, per la precisione) hanno nomi terrificanti che ricordano eroi palestinesi (razzo Quassam da Izz al-Din al-Qassam) ma sono meno pericolosi, e fanno meno vittime, delle bombe Maradona che scoppiano a Napoli durante le celebrazioni del capodanno. Per la cronaca, sembra che i razzi Quassam vengono costruiti artigianalmente con materiale di recupero e costano circa 500$ l'uno.

Guerra?

Insomma, gli israeliani se la prendono a male per i ripetuti lanci di Quassam e, dato che sono dotati di uno degli eserciti più potenti al mondo (pur essendo una piccola nazione di circa 7 milioni di abitanti), decidono che non c'è alcun motivo per sopportare lo stillicidio e scatenano una offensiva in grande stile sulla Striscia di Gaza -che è uno dei territori più densamente popolati al mondo-.

Così succede che per vendicare un (1) israeliano morto, Israele uccide più di mille (1.000) palestinesi, di cui più di 250 bambini, arrivando addirittura a bombardare una scuola dell'ONU, con i bambini dentro.

Un po' come se, per dare la caccia a qualche boss mafioso, i carabinieri bombardassero Napoli o Palermo.

Perché non facciamo nulla? Qual è il problema?

Ebbene, se siete arrivati fin qui vuol dire che siete dotati di grandissima pazienza, dato che non ho scritto nulla che non sia già stato ripetuto centinaia di volte, nelle ultime due settimane.

Il problema è che noi occidentali -e italiani in primis- non siamo in grado di fermare la mano ad un nostro alleato anche quando palesemente sbaglia. Anche quando sbaglia fino a violare i diritti umani di un intero, per quanto piccolo, popolo.

Quando la Serbia tentò di fare in Kossovo qualcosa di molto simile a quanto Israele sta facendo nella Striscia di Gaza la bombardammo. Ma la Serbia si dichiarava comunista ed era, di fatto, una dittatura.

Anche la Georgia -per i cui fatti avevo scritto il post "Quando mio fratello sbaglia"-, aveva deciso di schiacciare la piccola regione indipendentista dell'Ossezia. Per fortuna è intervenuta la Russia, togliendoci -di fatto- la patata bollente dal fuoco e consentendoci di scendere in campo (con la diplomazia) per salvare la Georgia dalle zampate dell'orso russo.

Soluzione?

Dato che non siamo in grado di giudicare, e punire, direttamente i nostri pari, i popoli hanno fondato gli stati per delegare a loro l'esercizio della forza per l'applicazione della legge.

L'unica possibilità di uscire dalla squallida situazione di impotenza in cui ci troviamo di fronte alle ingiustizie commesse dai nostri fratelli è di fondare, con più fratelli possibile, una struttura sovranazionale in grado di farlo ... insomma, una specie di ONU dotata di leggi condivise, adeguati meccanismi decisionali ed un proprio esercito.

Ma ci vorrà un sacco di tempo ... nel frattempo, l'unica possibilità è che gli israeliani comincino a riconoscere, nei palestinesi, esseri umani come loro.
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mercoledì, gennaio 14, 2009

Pan e Siringa

Quando,tre mesi fa, sono uscito dall'ospedale mi hanno dato una scatola di siringhette per iniezione sottocutanea già pronte per la somministrazione dell'anti-coagulante.

Mi ha colpito la paura atavica che le persone -me compresso- hanno per la siringa e la difficoltà a procurarsi un, anche lieve, dolore per risparmiarne uno (possibile) ben maggiore.

Dato che in quel periodo stavo leggendo una pubblicazione sul pittore tedesco Böcklin, grazie e wikipedia sono risalito al dio Pan -il satiro- e alla storia della ninfa Siringa.

Vediamo chi era Pan:
Pan è un dio potente e selvaggio, esteriormente è raffigurato con gambe e corna caprine, con zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e dall'espressione terribile. Vaga per i boschi inseguito dalle ninfe, mentre suona e danza. È molto agile, rapido nella corsa ed imbattibile nel salto.
È principalmente indicato come dio Signore dei campi e delle selve nell'ora meridiana, protegge le greggi e gli armenti, gli sono sacre le cime dei monti.
Ed ecco la storia di Siringa:
Secondo la mitologia greca il creatore del flauto di pan è appunto il dio Pan.

Un giorno il dio si innamorò di Siringa, una ninfa degli alberi seguace di Artemide.

Siringa, per sfuggire al dio, scappò fino alle rive del fiume Ladone. Qui invocò le Naiadi, che la trasformarono in un fascio di canne palustri. Queste, con il soffio del vento, emettevano un suono delicato.

Il dio le tagliò, le unì e ci soffiò dentro, consolandosi con la musica.
Böcklin contribuisce alla storia con il ritratto di Pan che suona il flauto nel canneto.

Beh, a me la storia è piaciuta. Sperando che sia piaciuta anche a voi, vi auguro buonanotte.
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domenica, gennaio 11, 2009

La strana proprietà delle idee

Oddio, parlando di sinistra e destra, di bufala dell'emergenza sicurezza, come di Israeliani e Palestinesi o di cambiamento climatico si finisce sempre per litigare. Viene voglia di non parlarne più, di abbandonare ogni discussione.

Ma io resto a favore dello scambio di idee, anche perché:

«Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno.
Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.
»
(George Bernard Shaw)
Trovata su Wikiquote.
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giovedì, gennaio 08, 2009

La legge della multimedialità di IBM


Una decina di anni fa, ad un corso di IBM l'insegnante giustificò l'elevato tempo che dedicavamo alle esercitazioni citando quella che definì "Legge della multimedialità di IBM".
Casualmente, cercando tutt'altro, ho trovato la seguente:

Si stima che l'uomo ricordi:
  • il 10% di ciò che legge,
  • il 20% di ciò che vede,
  • il 40% di ciò che ascolta e
  • il 75% di ciò che legge, vede, ascolta e fa
da qui l'importanza della multimedialità, che stimola e attiva la partecipazione di più sensi.
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Miracolo a Segrate

6 gennaio 2008: Nevica! Dai che si va a combattere a palle di neve e a costruire pupazzi.

Da 2009-01-06 Neve a Segrate

Piano di guerra:
  1. abbondante colazione, con vista su giardino innevato
  2. imbaccuccare bambini con giacche, guanti, scarponi e sciarpa
  3. preparare un sacchetto con carota, mandarini -che si possono anche mangiare, tra una battaglia e l'altra-, spagnolette e noci
  4. avviarsi verso un parco pubblico, sperando di incontrare altri matti -che si trovano sempre-
  5. ... giocare! (domandandosi perché si è sempre così pochi)
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martedì, gennaio 06, 2009

Parole del 2009, previsione


Dopo aver raccolto, in un post precedente, le parole che hanno lasciato una traccia nel 2008, ne elenco alcune, tra quelle proposte dai giornali per il 2009, che hanno colpito la mia fantasia:

  • extimità, cioè il contrario di intimità; pensate a cosa fa Facebook ...
  • energicoltore, cioè un contadino che si specializzato nella produzione di biodisel, di gas metano da biomasse, di energia fotovoltaica ed eolica
  • blog, social networking e Facebook (che non si sa a cosa serve ma funziona)
  • coraggio/fiducia, in opposizione a paura/paranoia
  • bicicletta (ancora ed ancora)
  • netbook, cioè pc portatili piccolissimi e molto economici, dai 250€ ai 500€
  • gphone, cioè i telefonini con sistema operativo Android di Google
  • CO2, cioè -alle conoscenze attuali- il maggior responsabile dell'effetto serra
Vi sarò grato delle vostre proposte.
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sabato, gennaio 03, 2009

Prestigio


Uffa, sono in Trentino, ieri ha nevicato un po' ed oggi fa freddo. Il ginocchio fa male ed io non posso sciare.

Facciamo un giro a piedi per il centro della cittadina e, per passare il tempo, buttiamo un occhio nei negozi. Una polo 15,00€ in un negozio popolare. Una maglia di pail tecnico 69,90€ in un negozio sportivo. Un paio di scarpe 40,00€, un paio di scarpe Tod's da agente immobiliare 220,00€ ed un paio di Nero Giardini 120,00€ sembrano scarpe da ginnastica economiche con aggiunta di lapislazzuli.

Incontriamo un negozio desertico, le vetrine sovrastate da lastre di marmo rosa con inciso il nome espone, in una vetrina semivuota, un manichino con addosso un cappottino insignificante. Un fogliettino minuscolo ai piedi del manichino dice cappotto D&G 1.096,00€, millenovantasei euro. Beh, certo, un marchio prestigioso in un negozio di altrettanto prestigio.

Entriamo in libreria. Cerco e trovo un saggio sull'organizzazione del lavoro, mi faccio attrarre da un altro libercolo sull'argomento, la principessa cerca un libro che non trova, e per vendetta li sfoglia tutti, così per essere sicura di non essersi persa niente. La capo mi regala l'agendina Moleskine per farmi sentire un po' scrittore. Il troll legge un po' risvolti di copertina e poi valuta di avere una coda di libri da leggere già troppo lunga. Penso ad un collega, che qualche giorno fa si lamentava dell'eccessivo costo dei libri e, con un po' di senso di colpa, mi compro anche un quaderno d'arte su Rembrandt da 3,50€.
Alla fine usciamo dal negozio con circa 29,50€ in meno ed un sacchetto carico di carta stampata.
Mentre spingo il passeggino penso ai 1.096,00€ del cappottino triste.

Il giornalaio espone i giornali locali, il Corriere e la Repubblica. In un angolo una pila di Sole 24h occhieggia. Chissà perché i giornali economici, come il Sole o l'Economist vengono sempre descritti come prestigiosi. E prestigioso istituto, a dire il vero, è anche l'aggettivo che nei giornali viene sempre abbinato alle banche. senza dimenticare che a Milano, patria della finanza nazionale, le sedi delle banche sono in luoghi, piazze o palazzi, immancabilmente di prestigio. Hmm, prestigio?

La moglie enciclopedica mi spiega che gli stemmi nobiliari -i blasoni- sono composti di fregio e prestigio e che, probabilmente, il fatto di poter inserire il proprio simbolo -il fregio- in uno scudo variamente decorato -il prestigio- conferisce rispetto. Il rispetto che una volta era dovuto ai nobili.

Commento che, visto che prestigio non è affatto sinonimo di buono, i vini prestigiosi sono spesso regali costosi, più che bottiglie da bere.

Non mi spiego, però, da dove venga prestigiatore -cioè mago illusionista- e, appena tornato a casa, mi affido a Wikipedia trovando la seguente definizione:

Il termine prestigio (dal latino praestigum) significa "buona reputazione" o "alta stima", nonostante in origine significasse "delusione" o "trucco magico". (...) Il termine prestigio nella sua semantica complessa può indicare dunque:
  1. un’illusione le cui cause sono ritenute magiche, sovrannaturali ed è allora sinonimo di fantasmagoria, incantesimo, «trucco»: ad operare «prestigi» sono i demoni, i maghi, le streghe, ma anche gli illusionisti, i «prestigiatori», appunto, in teatro;
  2. un’apparenza che affascina e abbaglia, come quella che avvolge l’arte dell’oratore, del poeta, dello stilista d’alta moda;
  3. la capacità di sedurre e di imporsi alla fantasia altrui, a partire dal «prestigio dell’uniforme» o dal successo sportivo, commerciale, finanziario o dall’effettiva autorevolezza dell’individuo (...).
Ecco, inizio a trovare qualche accenno di relazione anche con il crack Madoff di un paio di settimane fa.

Nel crack Madoff non sono cascate solo le banche, ma anche i giornalisti finanziari, le agenzie di rating, i fondi di investimento, le assicurazioni e, purtroppo, anche molti fondi pensione. Insomma, un sacco di prestigiose istituzioni sono cadute in un prestigioso fondo d'investimento.

Tutta gente che ventila professionalità ad ogni piè sospinto, utilizza innumerevoli sigle strane e sfoggia con serietà una terminologia tecnica para-scientifica.

Credevamo di poter crescere all'infinito ed abbiamo scoperto i limiti del mondo. Credevamo di poter guadagnare guardando solo i flussi finanziari e abbiamo visto le migliori menti della finanza mondiale scivolare in una banale piramide albanese ... quasi si trattasse di un gioco di prestigio organizzato da un illusionista.

Lo stesso illusionista che, probabilmente, convince alcuni a sborsare 1096€ per un cappottino. Ma questa è un'altra storia.

Buonanotte, per ora.
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giovedì, gennaio 01, 2009

Annunci ipocriti e controlli inesistenti

Raramente mi è capitato di leggere un articolo di giornale e condividerlo quasi parola per parola. Questo è proprio il caso.

Annunci Ipocriti
- I controlli sono inesistenti -
Siamo i gran maestri della teoria: la pratica è giudicata un' attività volgare. Nessun Paese d'Europa ha regole minuziose e severe come le nostre; nessuno è tanto svogliato e menefreghista quando si tratta di applicarle. Vale per il fisco, vale per gli appalti, vale per la velocità sulle autostrade. Vale per la guida ubriachi.
Leggo: «Non si potrà più
bere alcol se si vorrà guidare: basterà un tasso alcolico dello 0,2% (ora è 0,5%) per vedersi ritirare la patente!». Penso: ci risiamo. Davanti a un' emergenza, l' Italia non aumenta i controlli: inasprisce le sanzioni. L' apparenza è salva, e tutto continua come prima. Ogni giorno e ogni notte schianti e sangue e disperazione e famiglie distrutte e funerali in fotocopia e amici che piangono. Le tragedie arrivano nei telegiornali solo se muoiono cinque persone tutte insieme; ma le pagine dei giornali locali sono campisanti disseminati di fotografie. Comitive falciate alla fermata dell'autobus, famiglie annientate da mostri motorizzati. Vogliamo evitarlo? Non servono norme nuove; servono vecchi, banali, pedanti e ripetuti controlli. Senza controlli non c'è norma che tenga. Se è vero -ed è vero- che l'automobilista italiano ha una probabilità ogni 74 anni (!) d'essere fermato e costretto a soffiare nell'etilometro, che senso ha abbassare i limiti del tasso alcolico? L'impressione è che la politica -pigra e pavida per anni, di fronte alla richieste di lobbisti dell'alcol, ristoratori e discotecari- ora voglia mostrare di esserci, di indignarsi, di reagire. Lo faccia: ma non in questo modo ipocrita.
Giuliano Amato,
quand'era ministro dell'Interno, mi spiegò perché in Italia i controlli erano pochi: mancavano i soldi (per le pattuglie, gli straordinari, gli etilometri, la benzina extra). Da allora qualcosa è stato fatto, dal governo uscente e da quello entrante. Ma non basta. Non ci sono i soldi per pagare - come sarebbe giusto - quei poliziotti e quei carabinieri il cui compito è impedirci d' ammazzarci in auto. Abbassate il tasso alcolico, oppure lasciate quello attuale. Il problema non è questo. Un automobilista deve sapere che, uscendo da un locale notturno, ha molte probabilità di essere fermato. Fuori dal parcheggio, sulle statali, all'ingresso delle città. Come accade in Nord Europa, dove bevono di più e peggio di noi. Ma non si ammazzano come noi. Se i controlli non ci sono, il resto sono chiacchiere. Risparmiatecele. Siamo di fronte alla strage a puntate di una generazione. Una cosa troppo seria per decorarla di retorica.

Beppe Severgnini

sul Corriere della Sera del 16/12/2008
Ed è con grande vergogna di essere italiano che apprendo che il solito furbo ha trovato il cavillo per non pagare la multa del Tutor, che pure ha abbassato i morti in autostrada del 40% nei tratti in cui è installato. Speriamo che i ricorso dia ragione ad Autostrade, dimostrando per una volta almeno che l'Italia non è solo il paese dei furbetti.
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Motto per il 2009


Il mio motto per quest'anno sarà:

Correre di nuovo

P.S. Sono andato a ri-leggere il motto di capodanno scorso:
«Barra a dritta Capitano,
s'entra nella tempesta!»
... a rileggerlo adesso mentre ascolto, con una inaspettata tamagotchi in braccio, i bollettini di una crisi che era petrolifera ed ora è economica, sembra una profezia.
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Mi sento fortunato