giovedì, gennaio 29, 2009

Il lavoro fa schifo (recensione)


1.
Giovanna ha un figlio di 5 mesi e si occupa di marketing. Organizza la presenza della sua azienda a fiere e convegni, cura i comunicati stampa che periodicamente la società manda ai giornali e contratta i costi di stampa delle brochure con il fornitore.
Oggi il piccolo ha la febbre, il marito non può non andare in ufficio e lei sa che il suo lavoro della giornata si risolverà in 4 telefonate, la lettura della posta elettronica (e relative risposte) e la traduzione di una brochure dall'italiano all'inglese per chiedere l'autorizzazione alla casa madre. Ma deve (!) andare a lavorare al centro di Milano. Il tragitto parte da un comune limitrofo alla città, prevede un tragitto macchina su di una strada terribilmente congestionata, un tratto a piedi dal parcheggio alla fermata della metropolitana, 15 minuti di sardina in una carrozza sovraffollata, due fermate di tram ed infine un tratto a piedi. Ovviamente tutto il tragitto è appesantito dalla borsa con il PC e dal cellulare completo di alimentatore (non si sa mai), di cappotto e di borsetta con bozze di documenti e brochure e scatola con l'insalata da mangiare per pranzo ... Le otto ore di lavoro diventano presto 11 se si considerano i viaggi ed il tempo del pranzo consumato alla scrivania. ... e il bambino ha la febbre.

2.
Osvaldo, entra in ufficio la mattina alle 8.40 e i dirigenti sono già tutti ai posti di combattimento. Quando ripassa davanti agli uffici dei suoi responsabili guarda dentro e li vede occupati in riunione o al telefono o a portare un'espressione troppo seria mentre guardano il PC -si domanda se giocano a battaglia navale-. Mangia un panino al bar e, quando esce, verso le 19.00, li vede ancora ancorati ai loro posti, qualche volta al telefono o, più spesso, ancora fissi sullo schermo del PC -chissà chi vince?-.

Beh, pensa Osvaldo, per fare carriera bisogna dimostrare capacità di sacrificio altrimenti i sottoposti penseranno che poltrisci mentre a loro chiedi immani sforzi. Ed eccoli tutti, inchiodati al loro posto, anche quando non serve.

Perché nei luoghi di lavoro imperano le metafore militari?

3.
Antonio vive a Bareggio e lavora a Segrate, questa mattina ha impiegato un'ora e mezza per arrivare al lavoro. Quando è arrivato era già stanco stravolto, si è scusato inventando qualche scusa -come se ce ne fosse bisogno-, e si si è messo al lavoro. Alle 15 fissava il monitor con sguardo vacuo e aspettava con ansia l'orario di ritorno. La mattina dopo arriverà con un lavoro completato, a casa, durante la tranquillità della notte.

... ma queste sono storie storie quotidiane che tutti conosciamo.

Il ROWE
Stati Uniti, fine anni 90, Cali Ressler e Jody Thompson, due consulenti del lavoro, vengono incaricate da Best Buy -una azienda di grande distribuzione- di ridurre l'emorragia di dipendenti che si dimettono da alcuni uffici della loro sede centrale.

Intervistano i dipendenti ed i dirigenti, osservano per mesi le dinamiche del lavoro e decidono che il lavoro, così com'è organizzato, è frustrante per i dipendenti e poco produttivo per l'azienda.

Riorganizzano il lavoro con un metodo che poi chiameranno ROWE (Results Only Work Environment, definizione su Wikipedia) la cui filosofia spicciola è:

  • I lavoratori sono adulti, e vogliono essere trattati come tali.
di conseguenza:
  1. Il lavoro non è un luogo dove andare
  2. Il lavoro non è un orario da rispettare
  3. Il lavoro è avere delle cose da fare.
Le linee guida sono:
  • Attenzione ai risultati, in particolare quelli che portano beneficio al cliente
  • Libertà di critica costruttiva. Chi lavora deve poter dire la sua sull'utilità di una qualsiasi azione.
  • Nessuna riunione è obbligatoria.
  • Lotta senza quartiere al Fango, che sono quelle battute e quella sottile maldicenza che impediscono sincera collaborazione tra colleghi -o capi e sottoposti- e la focalizzazione sugli obbiettivi.
Il risultato, a dir loro, è un aumento della produttività del 35%, un quasi azzeramento del turn-over volontario (dipendenti capaci che se ne vanno) ed un ridotto aumento dei licenziamenti (dipendenti mandati via perchè inefficaci).

Perché dobbiamo essere in particolare posto da un determinato orario? In fondo tutti siamo ormai dotati di cellulare aziendale, di PC portatile e di linea ADSL e la maggior parte del lavoro d'ufficio lo facciamo usando il PC e il telefono, stando in ufficio.

Spesso finiamo il lavoro a casa, ed altrettanto spesso corriamo come dei matti per arrivare in ufficio ... a perdere tempo per timbrare ingresso ed uscita.

Dopo alcuni anni di lavoro le nostre eroine scrivono il libro che mi trovo a recensire:
Perché il lavoro fa schifo e come migliorarlo
Autore : Ressler Cali; Thompson Jody
Prezzo: € 14,00
Dati: 2008, 256 p., brossura
Traduttore: Bernabei F.
Editore: Elliot (collana Antidoti)
* Su IBS c'è una scheda e l'onesto commento di un lettore.
Ve lo raccomando, anche se alla fine il libro sembra voler vendere una brillante idea anche a costo di nascondere gli aspetti più spinosi ed il modo in cui hanno risolto i necessari dettagli burocratico organizzativi.
~

1 commento:

Davide Baroncelli ha detto...

"Osvaldo"! :) E c'e' pure gente che "ha visto il mostro due volte". Comunque, se il telelavoro dovesse prima o poi diventare una realta', sarebbe valsa la pena di avere un progresso tecnologico.

Mi sento fortunato